di Stefano Berti
The black line
Line.
Line.
Line.
Rannicchiata nel fondo di una piscina
quadrata, scoperta, vuota:
sangue denso in fredda carne
sbatti, raschi, graffi
umide piastrelle azzurre
indolenti, indifferenti.
The black line.
Ti fai più stretta, più stretta:
nuova possibile alcova dei tuoi tormenti.
Le tue ossa contro spigoli pungenti
di una madre che non è.
The black line.
Rifugio di un lavandino d’acciaio
che piove, che sbava, che perde su di te.
The black line.
Resisti contro un muro di ghiaccio
finché non torna il sole che scalda e ritempra.
Allora vaghi, cerchi
e trovi.
Non più cunicoli, tane o anfratti
ma un mondo aperto.
Ti specchi nell’acqua e scopri te stessa
ninfa vestita di alghe,
Cerere adorna di spighe.
Sali sulla sentinella dei campi
e inarcata la schiena
la corteccia ti abbraccia
ti avvolge ti prende.
È la metamorfosi.
Le braccia rami possenti,
grosse radici le gambe.
Guardi con sorpresa
ed entusiasmo
farsi dura corteccia
la tua pallida pelle fessa
nella nera breccia,
ormai duro ricordo
nel dolce svenire
del tuo panismo.